Cosa intendiamo per "scatola nera"?

La "scatola nera" è una metafora utilizzata solitamente in campo scientifico per indicare una controversia che si è già conclusa, di cui noi consciamo solo l'input e l'output. All'interno della "scatola nera" ci sono le controversie scientifiche ovvero dibattiti o dispute in cui la conoscenza scientifica e tecnologica non è ancora stata definita e data per certa. 
Il nostro intento è quello di aprire la "scatola nera" dell'energia nucleare per evidenziare i dibattiti nelle diverse assi del triangolo politica - scienza - cittadini.


Questi gruppi sociali si influenzano a vicenda;   nella democrazia i cittadini attraverso il voto determinano la politica e a sua volta la politica attraverso i finanziamenti influenza la scienza. Ma anche la scienza grazie alle invenzioni tecnologiche e alle scoperte modificano radicalmente le abitudini dei cittadini e le scelte politiche.
Il nostro obiettivo è costruire un blog che permetta di informarsi sulla controversia dell'utilizzo dell'energia nucleare. L'Italia ha scelto di rimettere in piedi un'industria nucleare di produzione dell'energia si parla di costruire 8 nuove centrali per poter ricavare il 25% dell'energia da esse.
Ci chiediamo se le centrali sono sicure per la salute delle persone che ci vivono attorno, non parliamo nel caso di incidenti come a Chernobyl , poichè si sa che in quel caso le conseguenze sono irreversibili. Per rispondere  a questa domanda abbiamo raccolto informazioni da più fonti e sentito diverse opinioni di scienziati, politici e associazioni.



La storia del nucleare in Italia

Lo sfruttamento dell'energia nucleare in Italia ha origini lontane.
Nonostante le restrizioni dovute sia alle conseguenza della seconda guerra mondiale (che diminuivano le risorse economiche che potevano essere utilizzate per la ricerca) che agli accordi di pace (che imponevano all'Italia di non poter disporre di un'industria per l'arricchimento del combustibile), la decisione di costruire la prima centrale elettronucleare venne infatti presa già all'indomani della conferenza "Atomi per la Pace" di Ginevra dell'8-20 agosto 1955 e portò l'Italia, nel corso degli anni sessanta, ad avere sul proprio territorio tre impianti di prima generazione basati sulle tre più innovative tecnologie dell'epoca (i reattori di tipo BWR e PWR Magnox).
L'Italia nel 1966 figurava come il terzo produttore al mondo di energia nucleare dopo USA e Inghilterra. 

Essa si dotò di tre centrali di differenti metodiche produttive che rappresentavano dei modelli pressoché prototipali che servivano anche a Regno Unito e USA per sperimentare all'estero dei Reattori capostipite delle rispettive filiere.
La prima centrale elettronucleare italiana venne realizzata a Latina, un impianto con un unico reattore di tipo Magnox, una volta ultimato il 12 maggio 1963, ne rappresentava l'esemplare più potente a livello europeo.
Otto mesi più tardi fu approntata quella di Sessa Aurunca, alla quale seguì meno di un anno dopo l'installazione di Trino, che aveva a disposizione un reattore PWR che al momento della sua entrata in funzione costituiva lacentrale elettronucleare più potente nel mondo.
L'energia prodotta da queste tre centrali era comunque ridotta rispetto al fabbisogno nazionale, a cui contribuivano mediamente per il 3-4%.
Il 1^ gennaio 1970 iniziò la costruzione della quarta centrale, quella di Caorso.
Il primo piano energetico nazionale varato nel 1975 prevedeva un forte sviluppo della componente elettronucleare.
In aggiunta alle tre centrali già in funzione e a quella in via di realizzazione, vennero proposti una serie di siti per nuove centrali oltre alla costruzione di alcuni prototipi di filiere di reattori innovativi.
Il 1^ luglio delm 1982 fu messa in cantiere la centrale con due reattori BWR di Montalto di Castro.
Venne anche delineata una seconda centrale a Trino.


La Politica italiana

Cosa ne pensano i partiti italiani sul nucleare?

simbolo rifondazione comunista
Rifondazione comunista: La risposta del partito è un No secco al nucleare infatti nel sito http://home.rifondazione.it/xisttest/%20 viene evidenziato il fatto che il nucleare è una questione economica "il ritorno al nucleare in Italia è un gigantesco affare che preparerà una grande abbuffata alla cui tavola siederanno tanti commensali avidi di denaro e di potere". Affermano che la promessa dei bassi costi  dell'energia dopo l'instaurazione del nucleare è un grande inganno poichè non si considerano i costi provenienti di tutta la filiera che va dall'estrazione dell'uranio fino al suo trasporto.



Logo italia dei valori
Italia dei valori: Per questo partito bisogna rispettare la volontà dei cittadini che hanno detto NO al nucleare con il referendum nel 1987. Affermano che non esistono stime ufficiali sull'estrazione annuale di uranio (dati coperti dal segreto di Stato),ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni. Nessun paese al mondo è giunto ad una soluzione definitiva di stoccaggio delle scorie nucleari, e i rischi di incidente nucleare aumentano con l'aumento delle centrali. Da circa 15 anni nessun paese occidentale (salvo la Finlandia) ha messo in cantiere nuove centrali nucleari: l’ultimo reattore nucleare costruito nella nazione più nuclearizzata al mondo (gli USA) risale al 1979. Questo per un semplice motivo: l’energia nucleare è “anti-economica”, poiché elevatissimi sono i costi della costruzione delle centrali (20 miliardi di     euro).

Logo PD
Partito Democratico:No al nucleare e sì all'efficienza e al risparmio energetico”, queste le parole del segretario Pier Luigi Bersani  "Nella nostra posizione non c’è nulla di ideologico. Siamo contrari perché c’è un problema di costi economici troppo alti ed incompatibili con le logiche del mercato libero dell’energia e perché ci sono problemi irrisolti di gestione e di sicurezza per lo smaltimenti delle scorie". Per riavviare l'economia e la competitività bisogna puntare sul risparmio e sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili. All'interno del PD vi è la corrente dei verdi gli "ecologisti democratici" il loro è un NO categotico al nucleare. http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/93496/no_al_nucleare_s%C3%AC_allefficienza_e_al_risparmio_energetico.  
Il Pd però viene "contraddetto" dal loro stesso parlamentare del Umberto Veronesi, famoso oncologo che ha accettato la carica di presidente dell'Agenzia per la sicurezza, egli spiega che "tutta Italia si rende conto che il nucleare è inevitabile, perché fra 50 anni non avremo più petrolio, fra 100 non ci sarà più carbone e fra 150 finirà il gas: poi saremo all'asciutto". L'unica soluzione possibile, dunque, è l'atomo: "Adesso - dice Veronesi - c'é la fissione nucleare, tra 20 anni ci sarà la quarta generazione che non avrà più scorie e poi negli anni '70 arrivera' la fusione. Se abbiamo amore per i nostri figli e i nostri nipoti dobbiamo intraprendere questa strada, perché saranno loro che intorno al 2120 vivranno la tragedia della carenza di energia". Umberto Veronesi ed altri 72 firmatari (i nomi che appaiono in calce sono dei maggiori "scienziati" italiani) hanno scritto una lettera aperta al segretario Pierluigi Bersani, chiedendo di riconsiderare la propria posizione nei confronti dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia.
Ecco un esempio di intreccio tra politica e scienza.

Logo UDC
Unione di centro: Il partito si è astenuto al voto. Per quanto riguarda la possibilita' di realizzare nuove centrali la posizione del partito sul nucleare e' ben nota, essendo da sempre favorevoli all'utilizzo di tale fonte d'energia, ma la questione e' di tale importanza che chiedono un accordo bipartisan, un patto tra maggioranza e opposizione che non c'e'. Senza un accordo di sistema e un piano pluriennale condiviso tra le diverse forze politiche, dichiara il capogruppo regionale del Lazio dell'Udc Francesco Carducci "si rischia di fare un salto nel buio su un settore che peraltro richiede ingenti investimenti. Per questi motivi ci siamo astenuti anche sulla mozione presentata dalla maggioranza".  http://www.libero-news.it/articolo.jsp?id=538583




Logo PDL
Popolo Delle Libertà: Il governo Berlusconi è stato il proponente del decreto che ha varato il ritorno al nucleare dell'Italia. Il Ministro Scajola afferma che "non è più eludibile un piano di azione per il ritorno al nucleare", chiarendo che non si tratta di affermazioni di principio ma di un "solenne impegno assunto da Berlusconi, con la fiducia, che onoreremo con convinzione e determinazione". Solo gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell'ambiente ha detto ancora il ministro, ribadendo quindi la necessità di ricostruire competenze e istituzioni di presidio, formando la necessaria filiera imprenditoriale e tecnica e prevedendo soluzioni credibili per i rifiuti radioattivi. I punti favorevoli per il Pdl sono: il basso costo dell'energia dopo la produzione dell'energia dal nucleare; l'aumento dei posti di lavoro; il rispetto per l'ambiente.

Logo Lega
Lega:  I leghisti sono favorevoli al nucleare "Io ho assolutamente votato a favore di questi criteri che prevedono principi di sicurezza per i cittadini e di sostenibilità degli impianti" ha detto Zaia riferendosi al provvedimento approvato mercoledì 10 febbraio Consiglio dei Ministri. Zaia ha ribadito che è comunque da escludere l’ipotesi di impianti sul territorio del Veneto: "In totale trasparenza noi siamo estremamente convinti che si debba partire innanzitutto da un senso di coerenza". Il Veneto ha oggi un bilancio energetico positivo, produce più energia di quanta ne compra. Il secondo dato da sottolineare è che quello del Veneto è un territorio molto antropizzato, tanto che viene definito la Los Angeles d’Europa. E dove non ci sono insediamenti, ci sono aree ad elevatissimo valore ambientale. Proprio per questo motivo,  afferma Zaia  "diciamo che non ci sentiamo di affrontare il tema".





    Cosa pensano i cittadini italiani?

    Indagine svolta nel 2008

    È cambiato qualcosa dal referendum del 1987? Cosa pensano e cosa sanno gli italiani, del nucleare? I sondaggi che sono stati pubblicati per lo più si limitano a rispondere a questi interrogativi cercando di marcare una linea netta tra chi è pro e chi e contro, stabilendo quanti stanno di qua e quanti di là, sorvolando sulle zone d'ombra e di fatto non aiutando a capire la complessità del quadro. Si distingue, in questo panorama, la ricerca pubblicata dalla Fondazione Energylab all'interno del suo Rapporto preliminare sulle condizioni per il ritorno all'energia elettronucleare in Italia, e condotta da GfK Eurisko "Stato e prospettive dell'opinione pubblica sul nucleare in Italia", perché si rivela particolarmente ricco di spunti di riflessione sia sull'opinione dei cittadini italiani coinvolti, sia su cosa significhi fare informazione su questi temi.

    Un vuoto da colmare, per valutare prima di scegliere
    L'indagine, che ha seguito modelli quantitativi e qualitativi, attraverso i focus group, è stata effettuata tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, ed ha coinvolto 1500 persone. Innanzitutto, la ricerca fotografa uno stato di fatto: il nucleare è rimasto del tutto fuori dal nostro scenario per vent'anni, fuori da ogni conversazione, pubblica o privata che fosse. Mentre nel resto del mondo si accumulavano comunque esperienze, riflessioni, indagini, opportunità di scontro e confronto, sul nucleare, nel nostro Paese è sceso il silenzio. Edoardo Lozza, responsabile della ricerca, parla di black out, di oblio collettivo. Non solo le centrali sono state dismesse, ma il tema stesso è stato bandito dal nostro panorama culturale. Un vuoto di informazione e di cultura che spiega la confusione e le difficoltà con cui gli intervistati hanno risposto alle domande degli intervistatori. L'Italia importa energia nucleare? L'Italia partecipa a ricerche internazionali sul nucleare? L'Italia ha centrali nucleari sul suo territorio e sono attive? Gli italiani, in prevalenza non lo sanno: corrisponde ben al 76% la percentuale degli italiani intervistati che si dichiara poco informato in merito. Più nello specifico, secondo i dati Eurisko, il 35% ritiene che l'Italia produca energia nucleare o non sa se lo faccia o no; il 37% ritiene che l'Italia non importi energia nucleare dall'estero o non lo sa.

    Vediamo ora nello specifico le domande e le risposte dell'indagine statistica.

    Parlando di energia nucleare, quanto si sente informato?

    Accanto a questo vuoto si fa spazio una disponibilità nuova, concreta, non ideologica, a riconsiderare l'opzione nucleare, la disponibilità cioè a formarsi un'opinione in merito. "Il dato che emerge più chiaramente è proprio la disponibilità a valutare, vagliare come opzione anche il nucleare", ribadisce Lozza. Gli intervistati hanno chiaramente indicato la volontà di valutarne l'opportunità in un quadro di rapporto tra costi e benefici. Una disponibilità che si giustifica nella quotidianità dei cittadini italiani, nella necessità di un nuovo risparmio che parte dalle spese correnti non eludibili: le bollette di luce e gas. Nel 2005 era il 50% degli intervistati a dirsi disposto a valutare l'opzione nucleare per avere bollette meno care, in quest'ultima ricerca il dato sale al 66%.

    Conoscenze sullo stato del nucleare in Italia


    Guardiamo ancora i dati: per il 56% della popolazione consultata, la situazione italiana dal punto di vista energetico è negativa. Per il 77% per migliorare la situazione dell'Italia sono necessari investimenti e sviluppo delle fonti rinnovabili, ma la seconda fonte citata è l'energia nucleare (35%), seguita dall'idrogeno (32%), da gas e petrolio (11%). Colpisce, e forse dovuto alla scarsità di informazione disponibile, il lieve divario tra il nucleare, una fonte energetica in utilizzo nel resto del mondo, e l'idrogeno, a tutt'oggi ancora soltanto una promessa per il settore energetico, ma "fonte" intorno a cui si è creato grande consenso, anche a livello mediatico, e grandi aspettative.
    "Soprattutto", precisa Lozza, "gli italiani non vogliono che il Paese perda il treno della ricerca in questo ambito." Questa opzione viene considerata decisamente perdente e dequalificante per l'Italia. I cittadini italiani si dichiarano, con una netta maggioranza (72%), favorevoli alla partecipazione del Paese alle ricerche internazionali in ambito nucleare; abbastanza favorevoli, con una lieve maggioranza (53%), alla produzione di energia nucleare in Italia, e sono invece contrari all'importazione di energia nucleare dall'estero (45%).

    Valutazione della situazione energetica in Italia e attese d'intervento























































    Il nucleare torna ad essere un tema intorno cui ragionare valutandolo all'interno di un contesto globale. Un tema intorno cui farsi un'opinione e definire un sentire comune, condiviso. Un atteggiamento complessivamente maturo che si esprime, oltre che in una maggiore proattività, in una volontà di esercitare una scelta, nella consapevolezza della necessità di una visione collettiva, della definizione di un indirizzo comune e condiviso.

    Quali rapporti fra l'Italia e il nucleare? Aspettative e prefigurazioni



    Viene ovviamente da domandarsi se l'atteggiamento, la disposizione psicologica e mentale è la stessa anche lì dove le centrali c'erano e ci sono: ingombranti, visibili. La ricerca Eurisko ha specificamente indagato l'opinione della popolazione residente in un raggio di 30 km di distanza dagli 8 siti in cui sono presenti siti nucleari chiusi. "In queste aree, non abbiamo riscontrato una discrepanza forte con i dati del resto della popolazione italiana", spiega Lozza. "Il livello di consapevolezza è lievemente maggiore, ma non esiste una contrapposizione di principio più forte che altrove."

    Vantaggi percepiti dalla produzione di energia nucleare





















    Propensione alla produzione di energia nucleare in Italia a fronte di un vantaggio economico

    
    
    Dati e riflessioni interessanti che lo diventano ancora di più alla luce di altre recenti notizie. Il 24 novembre si è costituito a Roma un nuovo movimento antinuclearista che intende dare battaglia per evitare che "prenda piede l'istanza scellerata per il futuro del Paese di una riapertura al nucleare". Del comitato fanno parte personaggi come Dario Fo, Moni Ovaia, Paolo Cento, Marcello Cini e Margherita Hack.Sembrano qui riproporsi i toni di vent'anni fa, e nel buco nero informativo in cui vengono a inserirsi è difficile immaginare che la discussione resti pacata, basata su dati scientifici.

    Costruzione di una visione condivisa in Italia sulla questioni di base: orientamenti


























    Del resto, gli stessi autori dell'indagine, interrogandosi su come sia opportuno fare informazione sul tema avvertono: l'informazione scientifica in questo caso non può essere semplicemente travasata, trasferita dallo scienziato al cittadino, si tratta di riconfigurare il dato scientifico. Inoltre, è noto che in un ambito che evoca scenari delicati come il nucleare, il ruolo dell'informazione è modesto, può modulare orientamenti e disposizioni già presenti negli individui più che portare a cambiare opinione. Se mettiamo insieme tutti questi elementi - le difficoltà connaturate a un discorso pubblico sul nucleare, la rimozione e l'assenza di esperienze sul tema da vent'anni in Italia, il rimettersi in moto di movimenti ideologici che si ricollegano direttamente alle battaglie degli anni Ottanta, e le prese di posizione di un Governo che pare volersi muovere in maniera autoritaria, senza troppa considerazione di un faticoso, quanto necessario, processo di condivisione e partecipazione delle scelte - sembra difficile immaginare che i cittadini italiani possano riuscire ad ottenere ciò che in questa indagine dimostrano di desiderare: un confronto pacato e approfondito in base al quale fare scelte razionali e pragmatiche per loro stessi e per il Paese.

    Pubblichiamo un altro grafico che evidenzia l'opinioni dei cittadini europei a cui viene chiesto se l'energia nucleare puù essere sostituita dall'energie rinnovabili. con questo grafico capiamo che la popolazione italiana rispetto alle altre è più sensibile al tema.

    Gli scienziati cosa pensano del nucleare?

    Gli scienziati contro il nucleare

    Il mondo scientifico non si era ancora espresso in forma organizzata sull’ipotesi di ritorno al nucleare in Italia caldeggiata dal governo, e adesso, dove sembra concretizzarsi la nuova apertura e la riapertura di centrali in Italia, 24 scienziati hanno deciso di redarre una lettera aperta ai candidati al governo delle regioni italiane. C’è da notare, come nessun candidato, nemmeno dello stesso partito al governo, si sia espresso chiaramente a favore dell’atomo, ad esclusione di Roberto Cota, sintomo che il terreno sia evidentemente ancora scivoloso e rischi di far perdere voti.
    L’appello “Perché l’Italia non deve tornare al nucleare e deve invece sviluppare le energie rinnovabili”, porta la firma di 24 scienziati italiani e sul web si sono già aggiunte migliaia di firme di altri docenti universitari e ricercatori, così come quelle dei cittadini e delle cittadine, raccolte separatamente. In sintesi l’appello spiega i motivi per cui tornare al nucleare sarebbe una scelta perdente sia dal punto di vista ecologico che da quello economico. Secondo gli scienziati, la corretta politica energetica italiana deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi e poi sullo sviluppo delle altre energie rinnovabili, i cui costi sono destinati a scendere nel futuro, a differenza del nucleare, che se già costoso oggi, può solo aumentare nel tempo, fino a paventare che “la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente”.
    Inoltre, fanno notare gli studiosi, come l’investimento nelle rinnovabili porterà benefici ed energia da subito, mentre il programma nucleare, a ben sperare, inizierà a produrre energia tra dieci o quindici anni.
    La lettera continua dimostrando come il rapporto costi-benefici sia a favore delle rinnovabili senza dubbi di sorta.

    Ecco i punti chiave contro il nucleare:



  • la necessità di ingenti finanziamenti pubblici necessaria ad una svolta italiana verso il nucleare






  • i problemi di insicurezza della filiera tecnologica, definiti dagli studiosi “intrinseci” al nucleare stesso






  • la difficoltà di localizzare siti per lo smaltimento delle sostanze radioattive






  • scarsità di combustibili nucleari







  • aumento delle disuguaglianze tra paesi tecnologicamente avanzati e paesi poveri 






  • i siti nucleari potrebbero rappresentare un facile bersaglio terroristico: il nucleare civile sarebbe dunque condannato a diventare nucleare militare, con un gran dispiegamento di mezzi e forze armate







  • il nucleare non rappresenta una risposta al problema dell’approvvigionamento energetico, e non risolverà l’attuale crisi 






  • Riportiamo ora l'appello 

    Perché l’Italia non deve tornare al nucleare e deve invece sviluppare le energie rinnovabili
    Lettera Aperta ai candidati alla carica di Governatore nelle Elezioni Regionali
    Siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca. In virtù della conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana consultazione della letteratura scientifica internazionale, abbiamo già da tempo sentito il dovere di esprimere la nostra opinione sul problema energetico con l’appello riportato sul sito: http://www.energiaperilfuturo.it/. Poiché le Regioni sono direttamente coinvolte nelle scelte di politica energetica, in occasione delle ormai prossime elezioni vogliamo illustrare anche a voi, candidati Governatori, i motivi per i quali riteniamo che il ritorno dell’Italia al nucleare sia una scelta strategicamente sbagliata e ogni sforzo debba invece essere concentrato sullo sviluppo delle energie rinnovabili.
    Una corretta politica energetica deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi mediante l’eliminazione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza energetica, poi sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. Le Regioni italiane possono e devono giocare un ruolo importante, anche perché la direttiva europea 28/2009 obbliga l’Italia, entro il 2020, a ridurre i consumi, ridurre le emissioni di CO2 e a coprire il 17% dei consumi finali con energie rinnovabili. E’ un percorso virtuoso, nel quale non c’è spazio per il nucleare.
    Mentre i costi delle energie rinnovabili scenderanno certamente nei prossimi 10 anni, i costi del nucleare sono per loro natura non ben definiti e destinati ad aumentare, tanto che probabilmente la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente.
    In molti paesi d’Europa, Germania in testa, è in atto una silenziosa rivoluzione basata su una filiera che parte dalle attività di ricerca nelle Università, negli enti pubblici e nelle aziende e si estende alla produzione di materiali, alla sperimentazione di impianti su larga scala e all’installazione diffusa di impianti domestici. L’idea di un abbattimento sostanziale delle emissioni di CO2 e di una forte indipendenza energetica sta, in quei paesi, uscendo dalla dimensione del sogno utopico e entrando in quella di un concreto fattore di sviluppo che traina l’economia e produce posti di lavoro. L’enorme ulteriore vantaggio di una scelta in favore delle energie rinnovabili sta nel fatto che un euro di investimento oggi può cominciare a produrre energia e a contribuire all’indipendenza energetica in pochi mesi. Nel caso del nucleare, invece gli enormi investimenti di oggi porteranno a produrre nuova energia nel migliore dei casi tra dieci o quindici anni.
    Una politica rivolta allo sfruttamento delle potenzialità del solare e delle altre fonti rinnovabili e alla riduzione razionale dei consumi sarà un motore importante per una nuova fase di sviluppo nel nostro paese.
    http://www.energiaperilfuturo.it/





    CARLO RUBBIA 

    Intervista a Repubblica

    Foto Carlo Rubbia
    Per risolvere il problema dell'energia, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, bisogna rivoluzionare completamente la rotta. "In che modo? Tagliando il nodo gordiano e iniziando a guardare in una direzione diversa. Perché da un lato, con i combustibili fossili, abbiamo i problemi ambientali che minacciano di farci gran brutti scherzi. E dall'altro, se guardiamo al nucleare, ci accorgiamo che siamo di fronte alle stesse difficoltà irrisolte di un quarto di secolo fa. La strada promettente è piuttosto il solare, che sta crescendo al ritmo del 40% ogni anno nel mondo e dimostra di saper superare gli ostacoli tecnici che gli capitano davanti. Ovviamente non parlo dell'Italia. I paesi in cui si concentrano i progressi sono altri: Spagna, Cile, Messico, Cina, India Germania. Stati Uniti".

    La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell'Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese


    Cosa ne pensa del ritorno al nucleare in Italia?
    "Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c'è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano".


    Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c'è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?

    "Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell'Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell'arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l'amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L'unico dubbio ormai non è se l'energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi".


    Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola...


    "Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l'energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell'idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l'energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici - a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici - sono in grado di risolvere il problema dell'accumulo".


    La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?

    "Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l'estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo".

    Intervento di Carlo Rubbia ad Annozero:

    "Dobbiamo tener conto che il nucleare è un’attività che si può fare soltanto in termini di tempo molto lunghi. Noi sappiamo che per costruire una centrale nucleare sono necessari da cinque o sei anni, in Italia anche dieci. Il banchiere che mette 4 – 5 miliardi di Euro per crearla riesce, se tutto va bene, a ripagare il proprio investimento in circa 40 – 50 anni."

    "C’è un secondo problema: un errore che spesso la gente compie. Si pensa che il nucleare possa ridurre il costo dell’energia. Questo non è vero: un recente studio ha dimostrato, per esempio, che i costi per il nucleare in Svizzera continueranno ad aumentare.
    I costi per il nucleare variano notevolmente da paese a paese: in Germania ha un prezzo di circa due volte e mezzo in più rispetto a quello francese. Ciò è dovuto al fatto che il nucleare in Francia è stato finanziato per anni dallo Stato, quindi dai cittadini. Ancora oggi, le 30.000 persone che lavorano per il nucleare francese sono pagate grazie agli investimenti massivi dello Stato. L’aumento del numero di centrali atomiche nel mondo in questi ultimi anni ha causato, inoltre, un considerevole aumento del costo dell’Uranio, che difficilmente tornerà a scendere. Il nucleare è dunque molto costoso, anche nel lungo periodo."

    "Io penso che se davvero noi volessimo adottare il nucleare in Italia lo potremmo fare, ma dovremmo organizzare procedure di contorno per supportare questa iniziativa. La quantità di energia richiesta dall’Italia è paragonabile a quella francese. Se dunque volessimo produrre il 30% dell’energia elettrica con il nucleare, come succede anche in Spagna, Germania e Inghilterra, ci servirebbero 15 – 20 centrali nucleari. In pratica una per regione.
    Ciascuna di queste centrali produrrà una certa quantità di scorie, un problema estremamente serio. In America la questione è di stretta attualità. Sia Obama che Clinton hanno affermato chiaramente che Yukka Mountain – il più grande deposito di scorie in USA – andrebbe eliminato per trovare un sito più adatto per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. La soluzione di isolarli e sotterrarli non è infatti efficace come si vorrebbe."

    "Mi chiedo dunque: se non si riesce a risolvere il problema della costruzione di un inceneritore per riuscire a bruciare l’immondizia, come riusciremo a sistemare queste grandissime quantità di scorie nucleari che nessuno al mondo sa ancora smaltire?
    In realtà, la risposta tecnicamente c’era per recuperare le scorie e renderle innocue. Io avevo un bellissimo programma per implementare questa tecnologia, per bruciare le scorie con gli acceleratori di materia. Il programma è stata bocciato e non finanziato dall’Italia, tanto da spingermi ad emigrare in Spagna".



    Gli scienziati a favore del nucleare


    Capitanati da Umberto Veronesi e Margherita Hack, una settantina tra scienziati e intellettuali vicini al PD hanno scritto una lettera indirizzata al segretario del partito Pierluigi Bersani per chiedergli di non chiudere gli occhi di fronte alla questione dell’energia nucleare, evitando “pressapochismi e atteggiamenti antiscientifici”.
    "I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento."
    La lettera, in parte pubblicata anche sul Corriere della Sera, non chiede di considerare il nucleare come la soluzione definitiva a tutti i problemi energetici, ma come uno dei modi per combattere le emissioni di CO2, in attesa che le fonti di energia rinnovabile siano in grado di darci tutto il sostentamento di cui abbiamo bisogno. Poi attacca l’atteggiamento del PD sulla questione.
    "È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica."
    Il gruppo conclude sottolineando la sparizione di quello spirito aperto e progressista che, un tempo, ha permesso al centrosinistra di essere il punto di riferimento per scienziati e intellettuali alla ricerca di discussione e dibattiti.

    "Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese."
    UMBERTO VERONESI

    Intervista a Indipendia


    Foto di Umberto Veronesi
    Nel nostro Paese potrebbero essere messe in atto “dalle 4 alle 8 centrali nucleari e nessuna regione, nemmeno la Lombardia, e’ esclusa dalla scelta dei siti”.

    “Sono stato solo designato a capo dell’autorita’ per la sicurezza nucleare, ma la conferma della nomina deve arrivare dal Parlamento, poi ci saranno le basi per procedere speditamente”.

    “Il problema delle scorie legate alla salute non esiste”, ha spiegato ancora Veronesi, aggiungendo che “potrei dormire molto sicuro anche se avessi le scorie nella mia camera da letto. Il primo obiettivo dell’Agenzia e’ la sicurezza e le scorie non rappresentano un problema”. Veronesi ha infine aggiunto che parte delle scorie potrebbe anche essere inviata in Spagna.

    «Potrei tranquillamente dormire in casa con le scorie radioattive».
    Umberto Veronesi, futuro presidente dell’Agenzia per la sicurezza sul nucleare (il voto finale delle Commissioni riunite Ambiente e Attività-produttive è stato rimandato a oggi, ndr) nega risolutamente che le scorie radioattive possano rappresentare un pericolo per la salute.

    «Le scorie non sono un problema per la salute, si tratta di una piccola quantità di materiale radioattivo che viene chiuso tra quattro blocchi di piombo, che viene vetrificato». Quindi «non si prendono radiazioni, io potrei dormire in camera con le scorie nucleari e non uscirebbe neanche una minima quantità di radiazioni»
    Frasi destinate a creare polemiche. Veronesi riconosce che lo stoccaggio delle scorie può diventare problematico ma solo «con il tempo» e in ogni caso «in Italia ce ne sono pochissime». E chiede di guardare a quello che succede negli altri Paesi europei, in particolare Spagna, Svezia e Francia.  «In Spagna hanno fatto un bando per chiedere quali comuni desiderano avere le scorie e c’è una gara per averle perchè le varie città hanno capito che chi fa questo sacrificio, chi si prende questo impegno avrà una quantità di benefici tali
    che quel comune avrà una spinta fortissima».

    Le centrali nucleari. Quante?
    «Il nucleare non è una scelta – attacca Veronesi – è una necessità quindi sono sicuro che potremmo mettere in atto i nostri progetti per quattro o addirittura per otto centrali nucleari».

    E soprattutto dove?«Tutte le Regioni possono essere candidate a ospitare una centrale». E visto che siamo a Milano ricorda che a pochi chilometri dalla Lombardia, in Svizzera, ci sono già cinque centrali e «ieri è uscita la notizia che ne stanno facendo altre tre, quindi un totale di otto centrali vicino alle nostre porte per una popolazione più piccola della Lombardia».

    I pericoli del nucleare: ma cos'è la radioattività? è veramente pericolosa?

    Oltre a tutti i dilemmi che nascono sul tema del nuceare, crediamo che la questione più rilevante e più sensibile alla popolazione sia la salute.
    Le centrali nucleari emettono piccole dosi di radiazioni nucleari.
    Alcuni scienziati affermano che queste non hanno alcuna implicazione sulla salute degli esseri umani altri invece denunciano un grosso aumento di cancro  e leucemie per le popolazioni che vivono intorno alle centrali.

    MA CHE COS'E' LA RADIOATTIVITA' ? 
    Atomo
    La radioattività, o decadimento radioattivo, è un insieme di processi fisico-atomici tramite i quali, alcuni nuclei atomici instabili o radioattivi decadono (trasmutano) in una specie atomica a contenuto energetico inferiore secondo la legge di conservazione della massa/energia e raggiungendo così uno stato di maggiore stabilità.


    Storicamente (in seguito agli studi di Ernest Rutherford) i decadimenti nucleari sono stati raggruppati in tre classi principali:
    • decadimento alpha
    • decadimento beta
    • decadimento gamma

    Effetti della radioattività 
    L'effetto delle radiazioni nucleari su materiale non vivente è dovuto sostanzialmente a due cause: la ionizzazione e conseguente rottura dei legami chimici e la trasmutazione di alcuni nuclei in altri elementi.


    Effetti biologici
    L'effetto biologico è dovuto invece in massima parte alle proprietà ionizzanti: distruggendo i legami fra molecole, le radiazioni danneggiano le cellule generando radicali liberi. Ma soprattutto alterano le grandi macromolecole del DNA e dell'RNA, causando danni somatici e genetici; tale effetto è prodotto principalmente dalle radiazioni gamma, più energiche e penetranti delle particelle alfa e beta.

    Il momento in cui le cellule sono più vulnerabili in assoluto alle radiazioni è quello della riproduzione (mitosi o meiosi), in cui il DNA è in fase di duplicazione, le strutture del nucleo sono dissolte e gli enzimi che assicurano l'integrità del materiale genetico non possono operare. L'effetto macroscopico più vistoso della radioattività sulle cellule, quindi, è il rallentamento della velocità di riproduzione: e le popolazioni di cellule che si riproducono molto rapidamente sono più vulnerabili di quelle che lo fanno lentamente. In virtù di questo fatto, gli organi più sensibili alle radiazioni sono il midollo osseo emopoietico e il sistema linfatico.

    A livello dell'intero organismo invece, sia nell'uomo che negli animali superiori si nota un precoce invecchiamento dell'organismo correlato alla dose totale di radiazione assorbita, sia con forti dosi istantanee che con l'esposizione prolungata a bassi livelli di radioattività.

    Midollo osseo e sangue.
    È il tessuto del corpo umano più colpito. La prima conseguenza dell'irraggiamento è la diminuzione dei globuli bianchi nel sangue (leucopenia), seguita dalla diminuzione delle piastrine, che causa le emorragie e, se il danno è molto grave, da quella dei globuli rossi (anemia). Se il danno non stermina completamente le cellule staminali emopoietiche questo tessuto si riprende più in fretta dopo l'irraggiamento.

    Sistema linfatico
    Nel sistema linfatico la conseguenza principale della radiazione è l'infezione dei linfonodi e della milza conseguente alla morte dei linfociti presenti.

    Sistema digerente
    L'intestino tenue è la porzione del tratto gastrointestinale radiosensibile, mentre l'esofago e lo stomaco lo sono meno. Con un danno lieve, le cellule della mucosa intestinale iniziano a riprodursi in modo discontinuo e a secernere più muco, che insieme alle cellule morte può dare origine ad occlusioni. Con l'aumentare della dose compaiono ulcerazioni che, per il ridotto numero di globuli bianchi, si infettano facilmente.


    Organi genitali

    Il danno può essere sia somatico (sterilità, permanente o meno) che genetico. Le femmine sono più sensibili dei maschi. Il danno genetico consiste in mutazioni che possono essere trasmesse alle generazioni successive.

    Sistema nervoso
    Il sistema nervoso centrale è tra i tessuti meno radiosensibili, mentre la colonna vertebrale e i nervi periferici lo sono di più. Con forti dosi assorbite si può avere una ischemia, per via del danno subito dai capillari cerebrali.

    Tiroide e sistema endocrino
    La tiroide, la ghiandola pituitaria, le surrenali e le altre ghiandole non sono particolarmente radiosensibili. Per motivi metabolici però la tiroide concentra in sé quasi tutto lo iodio presente nell'organismo; essendo l'isotopo radioattivo 131I molto comune, quest'organo può assorbire dosi massicce di radioattività se si respira aria o si ingeriscono alimenti contaminati.

    Occhio
    La retina non è molto radiosensibile, ma il cristallino, composto di cellule morte e che quindi non può ripararsi, perde rapidamente la sua trasparenza all'aumentare della dose assorbita, sviluppando una cataratta.

    Polmoni
    Il polmone, venendo a contatto con l'aria esterna, è colpito direttamente da particelle radioattive inalate con la respirazione che si depositano nei suoi alveoli: per questo è assolutamente necessario indossare maschere antigas durante l'operazione in aree contaminate da polveri, vapori o gas radioattivi. La principale fonte di contaminazione polmonare è il Radon, che essendo un gas radioattivo, può facilmente essere inspirato e depositarsi (esso o i suoi prodotti di decadimento) nei polmoni.

    Fegato, reni, cuore e sistema circolatorio
    Sono tutti organi molto poco radiosensibili. Il fegato e la cistifellea possono ricevere danni in caso di contaminazione con particolari isotopi radioattivi, come l'oro; ma in generale si registra un danno solo con dosi di radiazione molto elevate.

    Pelle e capelli
    La pelle ha una vulnerabilità particolare: poiché, se non protetta, riceve tutti e tre i tipi di radiazione (alfa, beta e gamma). Il danno che riceve è tanto più elevato quanto meno le radiazioni sono penetranti: viene danneggiata poco dai raggi gamma e molto di più dai raggi alfa e beta. Per bassi livelli di radiazioni si sviluppa un eritema, se l'irraggiamento aumenta può formarsi una neoplasia epiteliale. La capacità di riparazione del danno subito è comunque molto elevata.
    La crescita dei capelli si arresta completamente, e quelli presenti cadono in maggiore o minore quantità in base alla dose assorbita. Dopo alcune settimane ricominciano a crescere, talora con caratteristiche diverse da quelle che avevano prima.

    Apparato muscoloscheletrico
    I muscoli e lo scheletro in genere sono in assoluto i tessuti meno danneggiati dalle radiazioni; tuttavia alcuni isotopi dello stronzio o del plutonio si concentrano proprio nel midollo osseo, nel qual caso il danno può essere molto grave e portare a leucemia o altre neoplasie.

    Da notare che non tutte le specie animali e vegetali hanno la stessa suscettibilità alle radiazioni: per esempio gli scarafaggi possono sopportare senza gravi danni tassi di radioattività molto al di sopra di quelli letali per l'uomo, e un batterio, il Deinococcus radiodurans, sopravvive a dosi di radiazioni 1000 volte superiori alla dose letale per l'uomo

    Gli effetti delle radiazioni ionizzanti si suddividono in "Effetti Deterministici" ed "Effetti Stocastici" (ICRP 60 International Commission on Radiological Protection), a seconda se sono correlati direttamente o meno alla dose assorbita. Per via della suscettibilità al cancro al seno, le donne hanno un 40% di probabilità in più di accusare effetti stocastici rispetto agli uomini.

    EFFETTI SULL'UOMO

    Effetti deterministici
    • Sono attribuibili direttamente all'irraggiamento (c'è una relazione diretta causa-effetto);
    • Derivano dalla inattivazione delle strutture vitali della cellula;
    • Si manifestano subito dopo l'irradiazione;
    • Si manifestano solo se l'assorbimento supera una dose ben precisa detta "dose soglia";
    • La loro gravità cresce al crescere della dose assorbita (perciò detti anche "effetti graduati").
    Gli effetti deterministici sono eritemi cutanei, particolari dermatiti (dermatiti da radiazioni appunto), cataratta, anemia e leucopenia. Nei casi più gravi si hanno emorragie delle mucose e del tratto intestinale, perdita di capelli e peli. Se la dose assorbita non era letale, gli effetti deterministici regrediscono nel giro di alcune settimane, con sopravvivenza e guarigione più o meno completa.

    Effetti stocastici 
    • Non dipendono dalla dose assorbita;
    • Derivano da danni al nucleo cellulare e in particolare al DNA;
    • Non si manifestano subito; possono verificarsi o meno, in un futuro imprecisato;
    Dopo l'irraggiamento, il DNA potrà essere danneggiato in maniera reversibile o irreversibile; nel caso in cui la struttura del DNA non venisse riparata (o riparata in modo errato) la cellula darebbe vita a una progenie di cellule geneticamente modificate che dopo un certo periodo di latenza potranno dar luogo a patologie come tumori o leucemie. Semplicemente aumenta la probabilità che il paziente, prima o poi, venga colpito da certi tipi di tumore.

    Gli effetti negativi della radioattività sono stati dimostrati, il problema è che NON c'è accordo sui livelli di radiazioni che possono essere considerati pericolosi per l'uomo.

    Mappatura della controversia


    http://www.silobreaker.com/


    Quest'immagine è tratta dal sito Silobreaker, ci serve per capire lo stato della controversia ovvero una mappa per individuare i temi correlati alla ricerca dell'energia nucleare.
    Tale piattaforma consente di sintetizzare e di “mappare” i diversi aspetti che caratterizzano una determinata controversia scientifica e tecnologica.

    Sillabus:
    Areva: è un colosso francese leader nel mondo per la costruzione di reattori nucleari, sara l'Areva a realizzare le quattro centrali di terza generazione sul territorio italiano. La tecnologia che verrà utilizzata per la costruzione delle centrali è la stessa che Areva sta utilizzando a Olkiluoto in Finlandia e a Flamaville in Normandia.
    Nuclear Reactor: sono i reattori nucleari, all'interno dei quali avviene la fissione nucleare, è una reazione nucleare in cui un atomo caratterizzato da un elevato numero atomico, colpito da particelle quali neutroni, protoni o particelle α, le assorbe e contemporaneamente si spezza in due frammenti questo spezzarsi produce energia. 
    Uranium: L'unico combustibile presente in natura, che ha le proprietà necessarie per la fissione è l'uranio.
    Global Warming/Climate: è il presunto cambiamento climatico che sta avvenendo nel mondo.
    Nuclear Power Plant: energia generata dal reattore.
    Nuclear Waste: Le alte radiazioni provenienti dalla fissione.
    IAEA: International Atomic Energy Agency comprende 35 paesi

    Notiamo da questa mappa che l'argomento è prevalentemente scientifico infatti tutti i termini collegati alla ricerca dell'energia nucleare sono termini prettamente scientifici e che riguardano prettamente la comunità scientifica. Anche se il tema delle costruzioni delle centrali nucleari sposta l'attenzione anche sull'economia e sulle imprese che costruiscono centrali e le gestiscono, come l'azienda Areva. Anche per la costruzione delle centrali italiane si è aperta una gara tra imprese di diversa nazionalità (soprattutto francesi e statunitensi) per poter collaborare con ENEL (azienda italiana di energia elettrica). Sembra infatti dal sito di wikileaks che l'ambasciatrice statunitense Elizabeth Dibble, in un cablogramma inviato al presidente Barack Obama, nel giugno del 2009, prima della visita del premier a Washington. abbia scritto che le due compagnie statunitensi, Westinghouse e General Electric, si trovano di fronte la concorrenza di aziende straniere, in particolare francesi, il cui governo svolge "una forte azione di lobbying sul governo italiano". L'ambasciatore fa presente a Obama che "bisognerebbe dire a Berlusconi" che gli Stati Uniti si attendono una "gara imparziale e trasparente" per permettere alle aziende statunitensi di avere una reale opportunità per partecipare all'asta per il nucleare italiano.

    Video Scienziati

    Che cosa dicono gli scienziati sul nucleare?

    Carlo Rubbia 2008


    Margherita Hack 2010

    Parte 1


    Parte 2

    Parte 3

    Studi degli effetti negativi provocati dal nucleare

    Pubblichiamo di seguito alcuni studi sugli effetti del nucleare:


    Centro di ricerca tedesco

    Google immagini - Effetti Chernobyl
    Uno studio pubblicato dal Centro di ricerca tedesco per la salute ambientale di Monaco ha lanciato un pericoloso allarme legato agli aborti spontanei nelle donne nate attorno ai 35 chilometri delle 31 centrali europee analizzate.Gravidanza a rischio se la madre abita nelle vicinanze di una centrale nucleare.
    In numeri: ventimila aborti spontanei negli ultimi 40 anni. Il tutto attorno a 31 impianti di energia atomica, 27 tedeschi e 4 svizzeri. Senza contare un netto aumento di deformità e tumori infantili.

    Effetti collaterali

    I ricercatori Ralf Kusmierz, Kristina Voigt e Hagen Scherb hanno pubblicato un report tra nascite e prossimità alle centrali nucleari in Germania e Svizzera, in modo da capire se la sola vicinanza delle centrali ha effetto sulla salute dei cittadini, anche in mancanza di grandi incidenti. Lo studio è partito dai dati sugli effetti della catastrofe di Cernobyl, sulle nascite in Ucraina (si stima che un milione di bambine e bambini non siano mai nati in tutta Europa a causa del disastro di Cernobyl) e nelle regioni toccate dalla nuvola radioattiva. Luoghi in cui già in passato si erano riscontrate significative anomalie sia nel numero delle nascite che nel rapporto di nascite fra maschi e femmine.

    L’obiettivo degli studiosi era quindi di verificare gli effetti delle centrali nucleari sulle nascite, e i risultati sono stati sconcertanti: secondo loro, nei 35 chilometri attorno alle centrali, negli ultimi quarant’anni sono mancate all’appello ventimila bambine. Normalmente nascono 105/106 femmine per ogni 100 maschi, mentre nelle regioni in questione le nascite di bambine, appunto, sono state molto inferiori. Questo perché gli embrioni femminili sono ancora più sensibili alla radioattività rispetto a quelli maschili. Non solo, gli studiosi tedeschi hanno anche evidenziato un netto aumento dei casi di tumore infantile nelle vicinanze delle centrali nucleari.

    Disguidi nucleari

    Ma come si spiegano questi 20.000 aborti spontanei “in eccesso”, in assenza di incidenti conclamati presso le centrali di queste zone? Con il fatto che gli impianti, sostengono i ricercatori, rilasciano nell’ambiente sostanze tossiche o radioattive. E lo fanno in occasione di incidenti ritenuti di basso livello, frequenti disguidi che portano a una esposizione alla radioattività della popolazione entro i limiti di sicurezza. Limiti stabiliti dalle autorità nazionali, ma che per la loro frequenza e i loro effetti cumulati possono nuocere alla salute ben più di quanto i produttori di energia e le stesse autorità siano disposti ad ammettere.

    Anche le sole attività legate alla produzione di energia, sostiene la ricerca, hanno effetti sull’ecosistema e sulle popolazioni circostanti, e la lista dei possibili incidenti di basso livello è lunga: si va dalle perdite nel trasporto e nello smaltimento delle scorie, agli scarichi di acque contaminate nei corsi d’acqua, fino alla presenza di agenti tossici nel vapore rilasciato in atmosfera che, è vero, non contiene CO2, ma non è certo il più salubre, in quanto proveniente da acqua evaporata entrando in contatto con un nucleo radioattivo.

    Università di Brema

    Pubblichiamo un'altra ricerca svolta in Germania sul reattore di Krümmel, il governo tedesco ha considerato questa ricerca troppo imprecisa, ed hanno chiesto che vengano effettuati altre verifiche su una porzione maggiore di popolazione, nonostante questo la Germania ha emanato una legge che prevede la chiusura delle centrali nucleari. Il 25 gennaio 2010 il nuovo governo tedesco ha sospeso la decisione del 2002 di spegnere gradualmente (entro il 2027) tutti gli impianti nucleari e ha stabilito di prolungare di 25 anni l'esercizio dei 17 reattori ancora in funzione. La decisione finale sulla nuova politica in merito all'energia nucleare sarà presa a fine 2010.

    Leucemia nelle vicinanze di un reattore tedesco (BWR): evidenza dell'esposizione della popolazione con studi sui cromosomi e sulla radioattività ambientale.
    Autori: Inge Schimitz-Feuerhake, Bettina Dannheim, Ana Heimers, Boris Oberheitmann, Heike Shoroder e Heiko Ziggel del Dipartimento di Fisica dell'università di Brema, Germania.
    Pubblicato sulla rivista scientifica: Envronmental Healt Perspect n. 105, supplemento 6, pagine 1499-1504, anno 1997


    L'eccezionale aumento dei casi di leucemia tra i bambini 5 anni dopo l'accensione dell'impianto nucleare di Krümmel nel 1983, acccompagnato da un significativo aumento dei casi di leucemia tra gli adulti, ha portato a investigazioni sulle esposizioni alle radiazioni della popolazione che vive vicino all'impianto. Il tasso di cromosomi dicentrici (rotture trasversali del cromosoma a cui segue una giustapposizione di parte cromosomiche) nei linfociti periferici del sangue di sette genitori di bambini con la leucemia e in altri 14 abitanti vicino all'impianto era significativamente elevato e indicava esposizioni continue durante gli anni del suo funzionamento. 

    Queste scoperte hanno portato all'ipotesi che siano occorse delle croniche perdite dal reattore. Questo assunto è confortato dal riscontro di radioattività artificiale nell'aria, pioggia, suolo, vegetazione da parte del programma di monitoraggio ambientale dello stesso impianto nucleare. I calcoli sulle corrispondenti sorgenti mostrano che le emissioni devono essere state molto al di sopra dei limiti annuali autorizzati. Un raggruppamento di casi di leucemia infantile è stato osservato nella comunità di Elbamarsch nella Germania settentrionale dal 1989 al 1991. Tutti i cinque casi avevano vissuto entro una distanza di 5 km attorno alla centrale. 

    Tutti i casi furono diagnosticati in bambini con 10 anni di età o più giovani: da 1,8 a 4 anni che vivevano in un'area entro 5km dalla centrale; quindi l'incidenza della leucemia infantile in quell'area era moltiplicata per un fattore 5,6. 

    I governi degli stati federali della bassa Sassonia e Slesia-Holstein hanno istituito un gruppo di esperti per identificare le possibili cause dei raggruppamenti di leucemia osservati. I potenziali fattori come raggi X, prodotti chimici, e malattie precedenti delle famiglie interessate erano conosciuti e sono stati esclusi dallo stusio. 

    Uno studio epistemologico retrospettivo di Hoffman e Geiser nel 1994 ha mostrato un aumento dell'incidenza di leucemia in tutta la popolazione nei pressi della centrale. Per il periodo dal 1984 al 1993 ci fu un significativo aumento nei maschi (+56%) entro 5km dalla centrale nucleare.


     

    Interviste a scienziati...

    Per fare ancora più chiarezza abbiamo chiesto personalmente ad alcuni ricercatori di fisica di fusione nucleare di Padova cosa ne pensano del nucleare. Dobbiamo precisare che le centrali nucleari funzionano per fissione. La fissione consiste nel frazionamento di un nucleo pesante in più nuclei leggeri mentre la fusione consiste nella fusione di due nuclei leggeri in un nucleo più pesante (che è ciò che avviene nel sole).
    Ringraziamo la Dr. Federica Bonomo della CNR Research Scientist at Consorzio RFX, per la collaborazione e per i contatti.


    Riportiamo le interviste:


    "Il "revival" della discussione sul nucleare per me segue l'impennata dei prezzi del petrolio dell'estate 2008 (greggio oltre i 140$ al barile), e conseguente crisi economica, che ha evidenziato anche in ambito politico ed economico quello che era noto già da anni in ambito energetico, e cioé il fatto che non si può dipendere sempre dai combustibili fossili, in particolar modo dal petrolio. L'impennata degli ultimi anni è preoccupante: il prezzo medio annuo del petrolio (West Texas Intermediate-WTI) è cresciuto in modo incontrollato, a partire dal 2004, quando il WTI annuo era di 30$, per poi crescere nel 2005 a 40$, 60$ nel 2006, 80$ nel 2007, oltre i 100 di media nel 2008. Oggi il WTI è sugli 83$, un prezzo comunque elevatissimo, se all'inizio degli anni 2000 un prezzo oltre i 40$ era giudicato eccessivo.

    In momenti di crisi energetica, ci si arrangia con quel che si può: certamente, un rinnovato interesse per il nucleare ha un motivo principalmente economico, anche se ci sono le preoccupazioni di ordine ambientale per la produzione di CO2 conseguente all'utilizzo di combustibili fossili. Per me in generale, una decisione presa in un momento di crisi è comunque sbagliata, perché fa seguito a una valutazione emotiva e non razionale. Inoltre, il nucleare da fissione non può rimpiazzare totalmente i petrolio, e quindi è in qualche modo una pezza messa a una falla. L'essenziale per me è quindi che non sia peggio la toppa della falla.

    Tutte le fonti di energia hanno i loro vantaggi e svantaggi. Nel caso del nucleare, l'immagine che viene a tutti in mente è quella di Chernobyl, per cui la preoccupazione maggiore è per la sicurezza di una centrale. Anche qui, una analisi più razionale mostra invece che i problemi sono altri, e due in particolare: scorie e armi nucleari. La ricerca sulla fissione nucleare (a differenza della fusione) è sempre stata ambiguamente intrisa con interessi militari: il primo reattore a fissione fu realizzato nel 1940 da Enrico Fermi in un campo di squash sotto lo stadio da football di Chicago, allo scopo di trovare il  "combustibile" migliore per la bomba atomica. La pila di Fermi dimostrò che il plutonio, prodotto dal bombardamento di U238 e neutroni, quindi una scoria dei reattori, può essere usato per produrre armi atomiche.
    Questa è forse la principale preoccupazione, anche perché non occorre una vera bomba atomica a fissione (come quella di Hiroshima) per costituire un serio pericolo per la popolazione, ma anche un piccolo ordigno convenzionale, con una piccola quantità di plutonio dentro, può essere già un'arma di devastazione, date le proprietà velenose e radioattive del plutonio.

    L'altro capitolo riguarda le scorie. La vita media degli elementi radioattivi presenti nelle scorie può arrivare a 10mila anni. E' un tempo enorme: come si fa a mantenere intatta la memoria storica di dove sono state immagazzinate? Immaginate che noi dovremmo possedere la mappa di Babilonia con descrizione dettagliata degli edifici. Cosa vediamo invece? Un cumulo di rovine, in mezzo alle quali dagli scavi archeologici emergono (per fortuna nostra!) tavolette cuneiformi invece di fusti di plutonio.

    E' vero peraltro che l'uso continuo e indiscriminato di petrolio prefigura scenari non meno preoccupanti. Il nucleare può quindi andare bene, in tempi limitati, cioè una decina o ventina d’anni, non di più, come "ponte" verso fonti di energia che non abbiano problemi di scorie, e che possibilmente non siano così contigui a sfruttamenti di tipo militare (o terroristico). La cugina "povera" della fissione, la fusione nucleare, su cui gli scienziati stanno lavorando ormai da più di 50 anni (ufficialmente dal 1958, non ufficialmente già dal 1951), ha questi vantaggi: non ha scorie di reazione, e non è facilmente convertibile verso sfruttamenti militari, almeno nella versione a confinamento magnetico. Non è ancora pronta, ma forse vale la pena investirci di più, anche perché lo squilibrio di finanziamenti rispetto alla fissione è sempre stato ingente (basti pensare al finanziamento enorme del progetto Manhattan durante la 2a guerra mondiale)."

    Dr. Gianluca Spizzo

    Padova
    Fisico – Ricercatore CNR sulla fusione nucleare

    "Ho visto gli studi svolti dall'International Energy Agency (http://www.iea.org) sulle previsioni energetiche al 2035. In pratica, anche prendendo in considerazione lo scenario più ottimistico (Scenario450) che, in accordo con il vertice sul clima di Copenaghen (2010), prevede un incremento di soli 2 gradi della temperatura media mondiale, il futuro si presenta difficile e ricco di sfide. Il consumo energetico crescerà del 36% (aumento della popolazione,crescita economica di Cina, India, Brasile...). La prima sfida sarà di aumentare l'efficienza dell'uso dell'elettricità così da ridurre i consumi del 20%. La CO2 nell'atmosfera (previsione ottimistica) del 35-40%, arrivando a 450ppm. Allora per restare entro questo valore qualunque fonte che non produce CO2 DEVE essere utilizzata altrimenti possono accadere 2 cose (semplificando): 1) abbassiamo il nostro tenore di vita al periodo pre-industriale; 2) ci prepariamo a sconvolgimenti climatici imponenti. Se vogliamo mantenere il nostro tenore di vita e permettere ad altre popolazioni di accedervi e allo stesso desideriamo salvaguardare il nostro pianeta ben vengano tutte le fonti rinnovabili (solare ed idroelettrico in primis) ma anche nucleare da fissione (oggi) da fusione (un domani) e tutte le fonti low-carbon. Lo IEA mette in evidenza che nel 2035 ancora avremo circa il 50% di energia dai fossili e che le rinnovabili, pur triplicando il loro impatto, arriveranno al 25%... il resto come lo facciamo?"

    Dr. Fulvio Auriemma
    Fisico - Ricercatore EURATOM/ENEA sulla fusione nucleare
    Padova

    Ultimamente noto che l'opinione pubblica viene continuamente indirizzata verso la scelta su impianti a fissione nucleare invece che sulle energie alternative con il miraggio di una possibile riduzione delle tariffe in bolletta, ciò è dovuto principalmente agli umori governativi e interessi personali dei politici di turno che poco hanno a che fare con una reale conoscenza delle problematiche degli impianti a fissione.
    Tutti gli impianti a fissione producono scorie radioattive che decadono in millenni, a prescindere da quanto sicuro sia l'impianto stesso. Non esiste nessuna tecnica sicura di stoccaggio, e credo nessuno di noi voglia vivere nelle vicinanze di un deposito scorie. La tanto millantata sicurezza degli impianti di ultima generazione cozza con la reale esigenza di riporre le scorie in un luogo sicuro, senza contare il fatto che l'Italia è un paese ad alto rischio sismico per quasi tutta la superficie.
    Non sarebbe il caso invece di riconvertire le centrali che già operano sul territorio ri-destinando le risorse dell'inutile Ponte sullo Stretto?

    Dr. Rita Delogu
    Ingegnere - Ricercatore EURATOM/ENEA sulla fusione nucleare
    Padova



    Per approffondimenti http://fusionwiki.ciemat.es/fusionwiki/index.php/Main_Page