Cosa pensano i cittadini italiani?

Indagine svolta nel 2008

È cambiato qualcosa dal referendum del 1987? Cosa pensano e cosa sanno gli italiani, del nucleare? I sondaggi che sono stati pubblicati per lo più si limitano a rispondere a questi interrogativi cercando di marcare una linea netta tra chi è pro e chi e contro, stabilendo quanti stanno di qua e quanti di là, sorvolando sulle zone d'ombra e di fatto non aiutando a capire la complessità del quadro. Si distingue, in questo panorama, la ricerca pubblicata dalla Fondazione Energylab all'interno del suo Rapporto preliminare sulle condizioni per il ritorno all'energia elettronucleare in Italia, e condotta da GfK Eurisko "Stato e prospettive dell'opinione pubblica sul nucleare in Italia", perché si rivela particolarmente ricco di spunti di riflessione sia sull'opinione dei cittadini italiani coinvolti, sia su cosa significhi fare informazione su questi temi.

Un vuoto da colmare, per valutare prima di scegliere
L'indagine, che ha seguito modelli quantitativi e qualitativi, attraverso i focus group, è stata effettuata tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, ed ha coinvolto 1500 persone. Innanzitutto, la ricerca fotografa uno stato di fatto: il nucleare è rimasto del tutto fuori dal nostro scenario per vent'anni, fuori da ogni conversazione, pubblica o privata che fosse. Mentre nel resto del mondo si accumulavano comunque esperienze, riflessioni, indagini, opportunità di scontro e confronto, sul nucleare, nel nostro Paese è sceso il silenzio. Edoardo Lozza, responsabile della ricerca, parla di black out, di oblio collettivo. Non solo le centrali sono state dismesse, ma il tema stesso è stato bandito dal nostro panorama culturale. Un vuoto di informazione e di cultura che spiega la confusione e le difficoltà con cui gli intervistati hanno risposto alle domande degli intervistatori. L'Italia importa energia nucleare? L'Italia partecipa a ricerche internazionali sul nucleare? L'Italia ha centrali nucleari sul suo territorio e sono attive? Gli italiani, in prevalenza non lo sanno: corrisponde ben al 76% la percentuale degli italiani intervistati che si dichiara poco informato in merito. Più nello specifico, secondo i dati Eurisko, il 35% ritiene che l'Italia produca energia nucleare o non sa se lo faccia o no; il 37% ritiene che l'Italia non importi energia nucleare dall'estero o non lo sa.

Vediamo ora nello specifico le domande e le risposte dell'indagine statistica.

Parlando di energia nucleare, quanto si sente informato?

Accanto a questo vuoto si fa spazio una disponibilità nuova, concreta, non ideologica, a riconsiderare l'opzione nucleare, la disponibilità cioè a formarsi un'opinione in merito. "Il dato che emerge più chiaramente è proprio la disponibilità a valutare, vagliare come opzione anche il nucleare", ribadisce Lozza. Gli intervistati hanno chiaramente indicato la volontà di valutarne l'opportunità in un quadro di rapporto tra costi e benefici. Una disponibilità che si giustifica nella quotidianità dei cittadini italiani, nella necessità di un nuovo risparmio che parte dalle spese correnti non eludibili: le bollette di luce e gas. Nel 2005 era il 50% degli intervistati a dirsi disposto a valutare l'opzione nucleare per avere bollette meno care, in quest'ultima ricerca il dato sale al 66%.

Conoscenze sullo stato del nucleare in Italia


Guardiamo ancora i dati: per il 56% della popolazione consultata, la situazione italiana dal punto di vista energetico è negativa. Per il 77% per migliorare la situazione dell'Italia sono necessari investimenti e sviluppo delle fonti rinnovabili, ma la seconda fonte citata è l'energia nucleare (35%), seguita dall'idrogeno (32%), da gas e petrolio (11%). Colpisce, e forse dovuto alla scarsità di informazione disponibile, il lieve divario tra il nucleare, una fonte energetica in utilizzo nel resto del mondo, e l'idrogeno, a tutt'oggi ancora soltanto una promessa per il settore energetico, ma "fonte" intorno a cui si è creato grande consenso, anche a livello mediatico, e grandi aspettative.
"Soprattutto", precisa Lozza, "gli italiani non vogliono che il Paese perda il treno della ricerca in questo ambito." Questa opzione viene considerata decisamente perdente e dequalificante per l'Italia. I cittadini italiani si dichiarano, con una netta maggioranza (72%), favorevoli alla partecipazione del Paese alle ricerche internazionali in ambito nucleare; abbastanza favorevoli, con una lieve maggioranza (53%), alla produzione di energia nucleare in Italia, e sono invece contrari all'importazione di energia nucleare dall'estero (45%).

Valutazione della situazione energetica in Italia e attese d'intervento























































Il nucleare torna ad essere un tema intorno cui ragionare valutandolo all'interno di un contesto globale. Un tema intorno cui farsi un'opinione e definire un sentire comune, condiviso. Un atteggiamento complessivamente maturo che si esprime, oltre che in una maggiore proattività, in una volontà di esercitare una scelta, nella consapevolezza della necessità di una visione collettiva, della definizione di un indirizzo comune e condiviso.

Quali rapporti fra l'Italia e il nucleare? Aspettative e prefigurazioni



Viene ovviamente da domandarsi se l'atteggiamento, la disposizione psicologica e mentale è la stessa anche lì dove le centrali c'erano e ci sono: ingombranti, visibili. La ricerca Eurisko ha specificamente indagato l'opinione della popolazione residente in un raggio di 30 km di distanza dagli 8 siti in cui sono presenti siti nucleari chiusi. "In queste aree, non abbiamo riscontrato una discrepanza forte con i dati del resto della popolazione italiana", spiega Lozza. "Il livello di consapevolezza è lievemente maggiore, ma non esiste una contrapposizione di principio più forte che altrove."

Vantaggi percepiti dalla produzione di energia nucleare





















Propensione alla produzione di energia nucleare in Italia a fronte di un vantaggio economico



Dati e riflessioni interessanti che lo diventano ancora di più alla luce di altre recenti notizie. Il 24 novembre si è costituito a Roma un nuovo movimento antinuclearista che intende dare battaglia per evitare che "prenda piede l'istanza scellerata per il futuro del Paese di una riapertura al nucleare". Del comitato fanno parte personaggi come Dario Fo, Moni Ovaia, Paolo Cento, Marcello Cini e Margherita Hack.Sembrano qui riproporsi i toni di vent'anni fa, e nel buco nero informativo in cui vengono a inserirsi è difficile immaginare che la discussione resti pacata, basata su dati scientifici.

Costruzione di una visione condivisa in Italia sulla questioni di base: orientamenti


























Del resto, gli stessi autori dell'indagine, interrogandosi su come sia opportuno fare informazione sul tema avvertono: l'informazione scientifica in questo caso non può essere semplicemente travasata, trasferita dallo scienziato al cittadino, si tratta di riconfigurare il dato scientifico. Inoltre, è noto che in un ambito che evoca scenari delicati come il nucleare, il ruolo dell'informazione è modesto, può modulare orientamenti e disposizioni già presenti negli individui più che portare a cambiare opinione. Se mettiamo insieme tutti questi elementi - le difficoltà connaturate a un discorso pubblico sul nucleare, la rimozione e l'assenza di esperienze sul tema da vent'anni in Italia, il rimettersi in moto di movimenti ideologici che si ricollegano direttamente alle battaglie degli anni Ottanta, e le prese di posizione di un Governo che pare volersi muovere in maniera autoritaria, senza troppa considerazione di un faticoso, quanto necessario, processo di condivisione e partecipazione delle scelte - sembra difficile immaginare che i cittadini italiani possano riuscire ad ottenere ciò che in questa indagine dimostrano di desiderare: un confronto pacato e approfondito in base al quale fare scelte razionali e pragmatiche per loro stessi e per il Paese.

Pubblichiamo un altro grafico che evidenzia l'opinioni dei cittadini europei a cui viene chiesto se l'energia nucleare puù essere sostituita dall'energie rinnovabili. con questo grafico capiamo che la popolazione italiana rispetto alle altre è più sensibile al tema.

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