Gli scienziati contro il nucleare
Il mondo scientifico non si era ancora espresso in forma organizzata sull’ipotesi di ritorno al nucleare in Italia caldeggiata dal governo, e adesso, dove sembra concretizzarsi la nuova apertura e la riapertura di centrali in Italia, 24 scienziati hanno deciso di redarre una lettera aperta ai candidati al governo delle regioni italiane. C’è da notare, come nessun candidato, nemmeno dello stesso partito al governo, si sia espresso chiaramente a favore dell’atomo, ad esclusione di Roberto Cota, sintomo che il terreno sia evidentemente ancora scivoloso e rischi di far perdere voti.
L’appello “Perché l’Italia non deve tornare al nucleare e deve invece sviluppare le energie rinnovabili”, porta la firma di 24 scienziati italiani e sul web si sono già aggiunte migliaia di firme di altri docenti universitari e ricercatori, così come quelle dei cittadini e delle cittadine, raccolte separatamente. In sintesi l’appello spiega i motivi per cui tornare al nucleare sarebbe una scelta perdente sia dal punto di vista ecologico che da quello economico. Secondo gli scienziati, la corretta politica energetica italiana deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi e poi sullo sviluppo delle altre energie rinnovabili, i cui costi sono destinati a scendere nel futuro, a differenza del nucleare, che se già costoso oggi, può solo aumentare nel tempo, fino a paventare che “la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente”.
Inoltre, fanno notare gli studiosi, come l’investimento nelle rinnovabili porterà benefici ed energia da subito, mentre il programma nucleare, a ben sperare, inizierà a produrre energia tra dieci o quindici anni.
La lettera continua dimostrando come il rapporto costi-benefici sia a favore delle rinnovabili senza dubbi di sorta.
Ecco i punti chiave contro il nucleare:
la necessità di ingenti finanziamenti pubblici necessaria ad una svolta italiana verso il nucleare
i problemi di insicurezza della filiera tecnologica, definiti dagli studiosi “intrinseci” al nucleare stesso
la difficoltà di localizzare siti per lo smaltimento delle sostanze radioattive
scarsità di combustibili nucleari
aumento delle disuguaglianze tra paesi tecnologicamente avanzati e paesi poveri
i siti nucleari potrebbero rappresentare un facile bersaglio terroristico: il nucleare civile sarebbe dunque condannato a diventare nucleare militare, con un gran dispiegamento di mezzi e forze armate
il nucleare non rappresenta una risposta al problema dell’approvvigionamento energetico, e non risolverà l’attuale crisi
L’appello “Perché l’Italia non deve tornare al nucleare e deve invece sviluppare le energie rinnovabili”, porta la firma di 24 scienziati italiani e sul web si sono già aggiunte migliaia di firme di altri docenti universitari e ricercatori, così come quelle dei cittadini e delle cittadine, raccolte separatamente. In sintesi l’appello spiega i motivi per cui tornare al nucleare sarebbe una scelta perdente sia dal punto di vista ecologico che da quello economico. Secondo gli scienziati, la corretta politica energetica italiana deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi e poi sullo sviluppo delle altre energie rinnovabili, i cui costi sono destinati a scendere nel futuro, a differenza del nucleare, che se già costoso oggi, può solo aumentare nel tempo, fino a paventare che “la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente”.
Inoltre, fanno notare gli studiosi, come l’investimento nelle rinnovabili porterà benefici ed energia da subito, mentre il programma nucleare, a ben sperare, inizierà a produrre energia tra dieci o quindici anni.
La lettera continua dimostrando come il rapporto costi-benefici sia a favore delle rinnovabili senza dubbi di sorta.
Ecco i punti chiave contro il nucleare:
Riportiamo ora l'appello
Perché l’Italia non deve tornare al nucleare e deve invece sviluppare le energie rinnovabili
Lettera Aperta ai candidati alla carica di Governatore nelle Elezioni Regionali
Siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca. In virtù della conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana consultazione della letteratura scientifica internazionale, abbiamo già da tempo sentito il dovere di esprimere la nostra opinione sul problema energetico con l’appello riportato sul sito: http://www.energiaperilfuturo.it/. Poiché le Regioni sono direttamente coinvolte nelle scelte di politica energetica, in occasione delle ormai prossime elezioni vogliamo illustrare anche a voi, candidati Governatori, i motivi per i quali riteniamo che il ritorno dell’Italia al nucleare sia una scelta strategicamente sbagliata e ogni sforzo debba invece essere concentrato sullo sviluppo delle energie rinnovabili.
Una corretta politica energetica deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi mediante l’eliminazione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza energetica, poi sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. Le Regioni italiane possono e devono giocare un ruolo importante, anche perché la direttiva europea 28/2009 obbliga l’Italia, entro il 2020, a ridurre i consumi, ridurre le emissioni di CO2 e a coprire il 17% dei consumi finali con energie rinnovabili. E’ un percorso virtuoso, nel quale non c’è spazio per il nucleare.
Mentre i costi delle energie rinnovabili scenderanno certamente nei prossimi 10 anni, i costi del nucleare sono per loro natura non ben definiti e destinati ad aumentare, tanto che probabilmente la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente.
In molti paesi d’Europa, Germania in testa, è in atto una silenziosa rivoluzione basata su una filiera che parte dalle attività di ricerca nelle Università, negli enti pubblici e nelle aziende e si estende alla produzione di materiali, alla sperimentazione di impianti su larga scala e all’installazione diffusa di impianti domestici. L’idea di un abbattimento sostanziale delle emissioni di CO2 e di una forte indipendenza energetica sta, in quei paesi, uscendo dalla dimensione del sogno utopico e entrando in quella di un concreto fattore di sviluppo che traina l’economia e produce posti di lavoro. L’enorme ulteriore vantaggio di una scelta in favore delle energie rinnovabili sta nel fatto che un euro di investimento oggi può cominciare a produrre energia e a contribuire all’indipendenza energetica in pochi mesi. Nel caso del nucleare, invece gli enormi investimenti di oggi porteranno a produrre nuova energia nel migliore dei casi tra dieci o quindici anni.
Una politica rivolta allo sfruttamento delle potenzialità del solare e delle altre fonti rinnovabili e alla riduzione razionale dei consumi sarà un motore importante per una nuova fase di sviluppo nel nostro paese.
http://www.energiaperilfuturo.it/
Una corretta politica energetica deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi mediante l’eliminazione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza energetica, poi sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. Le Regioni italiane possono e devono giocare un ruolo importante, anche perché la direttiva europea 28/2009 obbliga l’Italia, entro il 2020, a ridurre i consumi, ridurre le emissioni di CO2 e a coprire il 17% dei consumi finali con energie rinnovabili. E’ un percorso virtuoso, nel quale non c’è spazio per il nucleare.
Mentre i costi delle energie rinnovabili scenderanno certamente nei prossimi 10 anni, i costi del nucleare sono per loro natura non ben definiti e destinati ad aumentare, tanto che probabilmente la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente.
In molti paesi d’Europa, Germania in testa, è in atto una silenziosa rivoluzione basata su una filiera che parte dalle attività di ricerca nelle Università, negli enti pubblici e nelle aziende e si estende alla produzione di materiali, alla sperimentazione di impianti su larga scala e all’installazione diffusa di impianti domestici. L’idea di un abbattimento sostanziale delle emissioni di CO2 e di una forte indipendenza energetica sta, in quei paesi, uscendo dalla dimensione del sogno utopico e entrando in quella di un concreto fattore di sviluppo che traina l’economia e produce posti di lavoro. L’enorme ulteriore vantaggio di una scelta in favore delle energie rinnovabili sta nel fatto che un euro di investimento oggi può cominciare a produrre energia e a contribuire all’indipendenza energetica in pochi mesi. Nel caso del nucleare, invece gli enormi investimenti di oggi porteranno a produrre nuova energia nel migliore dei casi tra dieci o quindici anni.
Una politica rivolta allo sfruttamento delle potenzialità del solare e delle altre fonti rinnovabili e alla riduzione razionale dei consumi sarà un motore importante per una nuova fase di sviluppo nel nostro paese.
http://www.energiaperilfuturo.it/
Il Comitato energiaperilfuturo.it
CARLO RUBBIA
Intervista a Repubblica
Foto Carlo Rubbia |
La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell'Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese
Cosa ne pensa del ritorno al nucleare in Italia?
"Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c'è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano".
Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c'è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?
"Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell'Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell'arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l'amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L'unico dubbio ormai non è se l'energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi".
Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola...
"Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l'energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell'idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l'energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici - a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici - sono in grado di risolvere il problema dell'accumulo".
La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?
"Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l'estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo".
Intervento di Carlo Rubbia ad Annozero:
"Dobbiamo tener conto che il nucleare è un’attività che si può fare soltanto in termini di tempo molto lunghi. Noi sappiamo che per costruire una centrale nucleare sono necessari da cinque o sei anni, in Italia anche dieci. Il banchiere che mette 4 – 5 miliardi di Euro per crearla riesce, se tutto va bene, a ripagare il proprio investimento in circa 40 – 50 anni."
"C’è un secondo problema: un errore che spesso la gente compie. Si pensa che il nucleare possa ridurre il costo dell’energia. Questo non è vero: un recente studio ha dimostrato, per esempio, che i costi per il nucleare in Svizzera continueranno ad aumentare.
I costi per il nucleare variano notevolmente da paese a paese: in Germania ha un prezzo di circa due volte e mezzo in più rispetto a quello francese. Ciò è dovuto al fatto che il nucleare in Francia è stato finanziato per anni dallo Stato, quindi dai cittadini. Ancora oggi, le 30.000 persone che lavorano per il nucleare francese sono pagate grazie agli investimenti massivi dello Stato. L’aumento del numero di centrali atomiche nel mondo in questi ultimi anni ha causato, inoltre, un considerevole aumento del costo dell’Uranio, che difficilmente tornerà a scendere. Il nucleare è dunque molto costoso, anche nel lungo periodo."
"Io penso che se davvero noi volessimo adottare il nucleare in Italia lo potremmo fare, ma dovremmo organizzare procedure di contorno per supportare questa iniziativa. La quantità di energia richiesta dall’Italia è paragonabile a quella francese. Se dunque volessimo produrre il 30% dell’energia elettrica con il nucleare, come succede anche in Spagna, Germania e Inghilterra, ci servirebbero 15 – 20 centrali nucleari. In pratica una per regione.
Ciascuna di queste centrali produrrà una certa quantità di scorie, un problema estremamente serio. In America la questione è di stretta attualità. Sia Obama che Clinton hanno affermato chiaramente che Yukka Mountain – il più grande deposito di scorie in USA – andrebbe eliminato per trovare un sito più adatto per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. La soluzione di isolarli e sotterrarli non è infatti efficace come si vorrebbe."
"Mi chiedo dunque: se non si riesce a risolvere il problema della costruzione di un inceneritore per riuscire a bruciare l’immondizia, come riusciremo a sistemare queste grandissime quantità di scorie nucleari che nessuno al mondo sa ancora smaltire?
In realtà, la risposta tecnicamente c’era per recuperare le scorie e renderle innocue. Io avevo un bellissimo programma per implementare questa tecnologia, per bruciare le scorie con gli acceleratori di materia. Il programma è stata bocciato e non finanziato dall’Italia, tanto da spingermi ad emigrare in Spagna".
Gli scienziati a favore del nucleare
Capitanati da Umberto Veronesi e Margherita Hack, una settantina tra scienziati e intellettuali vicini al PD hanno scritto una lettera indirizzata al segretario del partito Pierluigi Bersani per chiedergli di non chiudere gli occhi di fronte alla questione dell’energia nucleare, evitando “pressapochismi e atteggiamenti antiscientifici”.
"I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento."
La lettera, in parte pubblicata anche sul Corriere della Sera, non chiede di considerare il nucleare come la soluzione definitiva a tutti i problemi energetici, ma come uno dei modi per combattere le emissioni di CO2, in attesa che le fonti di energia rinnovabile siano in grado di darci tutto il sostentamento di cui abbiamo bisogno. Poi attacca l’atteggiamento del PD sulla questione.
"È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica."
Il gruppo conclude sottolineando la sparizione di quello spirito aperto e progressista che, un tempo, ha permesso al centrosinistra di essere il punto di riferimento per scienziati e intellettuali alla ricerca di discussione e dibattiti.
UMBERTO VERONESI"Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese."
Intervista a Indipendia
Foto di Umberto Veronesi |
Nel nostro Paese potrebbero essere messe in atto “dalle 4 alle 8 centrali nucleari e nessuna regione, nemmeno la Lombardia, e’ esclusa dalla scelta dei siti”.
“Sono stato solo designato a capo dell’autorita’ per la sicurezza nucleare, ma la conferma della nomina deve arrivare dal Parlamento, poi ci saranno le basi per procedere speditamente”.
“Il problema delle scorie legate alla salute non esiste”, ha spiegato ancora Veronesi, aggiungendo che “potrei dormire molto sicuro anche se avessi le scorie nella mia camera da letto. Il primo obiettivo dell’Agenzia e’ la sicurezza e le scorie non rappresentano un problema”. Veronesi ha infine aggiunto che parte delle scorie potrebbe anche essere inviata in Spagna.
«Potrei tranquillamente dormire in casa con le scorie radioattive».
Umberto Veronesi, futuro presidente dell’Agenzia per la sicurezza sul nucleare (il voto finale delle Commissioni riunite Ambiente e Attività-produttive è stato rimandato a oggi, ndr) nega risolutamente che le scorie radioattive possano rappresentare un pericolo per la salute.
«Le scorie non sono un problema per la salute, si tratta di una piccola quantità di materiale radioattivo che viene chiuso tra quattro blocchi di piombo, che viene vetrificato». Quindi «non si prendono radiazioni, io potrei dormire in camera con le scorie nucleari e non uscirebbe neanche una minima quantità di radiazioni»
Frasi destinate a creare polemiche. Veronesi riconosce che lo stoccaggio delle scorie può diventare problematico ma solo «con il tempo» e in ogni caso «in Italia ce ne sono pochissime». E chiede di guardare a quello che succede negli altri Paesi europei, in particolare Spagna, Svezia e Francia. «In Spagna hanno fatto un bando per chiedere quali comuni desiderano avere le scorie e c’è una gara per averle perchè le varie città hanno capito che chi fa questo sacrificio, chi si prende questo impegno avrà una quantità di benefici tali
che quel comune avrà una spinta fortissima».
che quel comune avrà una spinta fortissima».
Le centrali nucleari. Quante?
«Il nucleare non è una scelta – attacca Veronesi – è una necessità quindi sono sicuro che potremmo mettere in atto i nostri progetti per quattro o addirittura per otto centrali nucleari».
E soprattutto dove?«Tutte le Regioni possono essere candidate a ospitare una centrale». E visto che siamo a Milano ricorda che a pochi chilometri dalla Lombardia, in Svizzera, ci sono già cinque centrali e «ieri è uscita la notizia che ne stanno facendo altre tre, quindi un totale di otto centrali vicino alle nostre porte per una popolazione più piccola della Lombardia».
se anche la scienza è divisa vuol dire che l'argomento è vitale.parliamone.Ragazzi del blog..complimenti la vostra iniziativa è un modo per sensibilizzare l'argomento ambiente in generale braviiiii
RispondiEliminaVeronesi dice "«Potrei tranquillamente dormire in casa con le scorie radioattive»."
RispondiEliminaFinalmente ! Abbiamo trovato dove stoccare tutte le scorie !!!